Radiazioni in gravidanza: sono davvero pericolose?

A cura di: readazione Voglia di salute
Secondo recenti stime, ogni anno in Italia vengono eseguite circa 100 milioni di prestazioni radiodiagnostiche, di cui 70 milioni con radiazioni ionizzanti. In media due per cittadino, bambini esclusi. È ormai noto che l’eccessiva esposizione alle radiazioni ionizzanti può aumentare la probabilità di effetti dannosi alla salute nel lungo periodo e che numerosi sono i dubbi, le perplessità, le paure che manifestano i pazienti.
Timori e preoccupazioni non sono giustificati se c’è una corretta informazione
Il timore delle esposizioni si trasforma in una sorta di ‘radiofobia’ in particolare per due categorie speciali di popolazione: donne in gravidanza e bambini.
La prima perché dosi elevate di radiazione possono causare malformazioni, ritardi di sviluppo e anche la morte dell’embrione o del feto; la seconda perché i bambini sono più radiosensibili in quanto in fase di crescita e con un’aspettativa di vita maggiore di quella di un adulto.
Molto spesso però le preoccupazioni si rivelano ingiustificate a causa di una mancante, errata o superficiale informazione. In questi casi, un grande aiuto può essere fornito dal Fisico Specialista in Fisica Medica, una figura professionale indispensabile per garantire che ogni indagine, ogni prestazione, ogni terapia con radiazioni, ionizzanti o non, possa fornire il miglior risultato con il minimo rischio per il paziente.
Il fisico medico, infatti, lavorando a stretto contatto con i medici, agisce per garantire la sicurezza e l’efficacia della diagnosi e della terapia attuando attente analisi sulla valutazione preventiva e consuntiva della dose di radiazione assunta dal paziente nelle indagini radiologiche, medico nucleari e nei trattamenti radioterapici. Inoltre, effettua verifiche sull’adeguatezza delle apparecchiature tecnologiche per garantirne il corretto funzionamento e un impiego sicuro.
Radiazioni in gravidanza
“I rischi sono correlati al periodo della gravidanza in cui si verifica l’esposizione alle radiazioni e alla dose assorbita”, dichiara il dott. Lorenzo Bianchi, Responsabile S.C. di Fisica Sanitaria dell’A.O. Ospedale di Circolo di Busto Arsizio nonché Coordinatore Regionale AIFM Lombardia. “Sono massimi durante l’organogenesi (fase dello sviluppo in cui si formano gli organi) e il primo periodo fetale, minori nel secondo trimestre e minimi nel terzo”.
In particolare, secondo l’International Commision on Radiological Protection (ICRP), nel primo stadio della gravidanza (prime due settimane dal concepimento) l’effetto più probabile è l’aborto. Da due a quattro settimane e per tutto il periodo dell’organogenesi è alto il rischio di malformazioni. Da due settimane fino al termine esiste il rischio di un ritardo nella crescita. Il rischio di ritardo mentale è alto da otto a quindici settimane, ancora presente da sedici a venticinque settimane, basso o assente negli altri periodi. Nel periodo più sensibile esiste anche il rischio di riduzione del QI.
“Detto ciò”, continua il dott. Bianchi, “è bene precisare che tali effetti si verificano solo per dosi che sono molto più elevate (da 10 a 100 volte) di quelle che un embrione o un feto possono ricevere per gli esami radiologici o medico nucleari eseguiti a scopo diagnostico. Questo dato fondamentale, in genere, non è noto al pubblico, e non sempre è conosciuto dai medici non specializzati in radiologia o medicina nucleare. Risultato: molte donne dopo l’esposizione in gravidanza, ne decidono successivamente l’interruzione senza che, sulla scorta delle conoscenze scientifiche e delle indicazioni fornite dalle società accreditate, ve ne sia necessità”.
Sempre l’ICRP ritiene ingiustificata l’interruzione di gravidanza per dosi fino a 10 volte quelle normalmente assorbite in un esame standard. Il paziente deve essere sempre consapevole che ciò che conta è il rapporto beneficio/rischio, che per esami radiologici giustificati e adeguatamente ottimizzati è sicuramente a favore del primo. Mentre la responsabilità della giustificazione è condivisa fra medico prescrivente e medico specialista, l’ottimizzazione è a carico di quest’ultimo e del Fisico medico il quale esegue la stima della dose al feto e suggerisce le tecniche di esposizione da adottare per ridurre i rischi per il nascituro.
Radiazioni in pediatria
“In questi casi”, dichiara la dott.ssa Sabina Strocchi dell’U.O. di Fisica Sanitaria dell’Ospedale di Circolo e Fondazione Macchi di Varese nonché membro del Comitato Direttivo AIFM Lombardia, “non è possibile fornire un dato certo di rischio di induzione di tumore, bensì solo una stima dell’aumento della probabilità di incidenza rispetto a quella naturale. Infatti, la dose che un paziente assorbe durante un esame è molto variabile e dipende da diversi parametri, alcuni tecnologici, altri anatomici (età del paziente, peso, altezza, distretto anatomico esaminato ecc.) per cui la stima della dose efficace per singolo paziente non può che essere personalizzata”.
Per ridurre al minimo la dose di radiazioni erogata ai bambini nelle procedure radiologiche è necessario:
- eseguire l’esame solo quando sussiste un evidente beneficio
- impiegare la minima quantità di radiazioni necessaria a un’adeguata visualizzazione, adattandola alle dimensioni del bambino
- limitare l’esame al solo distretto anatomico da esaminare
- utilizzare, se possibile, metodiche alternative (come ecografia e risonanza magnetica)
La rubrica online “Ilfisicomedicorisponde”
Per dare una corretta comunicazione sui rischi delle radiazioni per uso medico e fornire informazioni utili sulla sicurezza nel loro uso e sull’ottimizzazione del loro impiego, l’AIFM, Associazione Italiana di Fisica Medica, ha inaugurato la rubrica online Ilfisicomedicorisponde dove i cittadini potranno trovare risposta alle domande più frequenti relative ai vari settori in cui il Fisico Specialista in Fisica Medica lavora (radioterapia, radiologia, medicina nucleare, risonanza magnetica) e inviare i propri quesiti agli esperti dell’Associazione direttamente dal sito www.fisicamedica.it o all’indirizzo mail ilfisicomedicorisponde@aifm.it ottenendo una risposta competente e scientificamente validata.
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