Partorire in casa, nuovi rimborsi dalle Regioni. Ma non tutti approvano
A cura di: Redazione
La scelta di partorire in casa sembra essere sempre più diffusa tra le gestanti, che però devono sostenere spese molto spesso non rimborsabili.
Sempre più mamme in dolce attesa vorrebbero partorire nell'intimità della propria casa evitando l'ambiente ospedaliero. Tuttavia, con le moderne norme sanitarie volte a tutelare la salute di mamma e bambino, il parto in casa viene approvato dai medici solo per quelle donne che stanno portando avanti una gravidanza senza complicazioni.
Affrontare il parto in casa implica però una spesa economica non indifferente (all'incirca 2.000€) di cui spesso le famiglie devono farsi carico senza poter ottenere un rimborso. In Italia sono poche le Regioni che lo prevedono, l'ultima in ordine di tempo è stata la regione Lazio, che ha fissato in questi giorni una tariffa per il rimborso delle spese sostenute, dopo anni di incertezze sull'effettiva quota da ricevere.
Le quote per il rimborso parziale delle spese per partorire in casa variano secondo le disposizioni regionali. In Italia sono previsti in queste Regioni:
- Lazio: 800€;
- Emilia-Romagna: l'80% della spesa documentata;
- Piemonte: fino a un massimo di 930€;
- Marche: fino a 1.200€;
- Provincia di Bolzano: 516€;
- Provincia di Trento: 750€.
Va ricordato che la richiesta per svolgere il parto a domicilio deve essere presentata alla struttura sanitaria di riferimento entro l'ottavo mese di gravidanza, corredata da tutta la documentazione medica del ginecologo che attesta il buono stato di salute per partorire in casa.
La questione del parto a domicilio divide però la comunità medica. La Gran Bretagna è favorevole al parto in casa per le gravidanze non a rischio, tanto da aver emanato delle linee guida basate su uno studio che ha esaminato 65mila donne, e che ha messo in evidenza come la probabilità di rischi per il bambino o la mamma siano le stesse degli ospedali. I rischi per il parto a casa aumentano lievemente per il primo figlio, ma per le gravidanze successive la percentuale rientra nella norma.
In Italia, invece, per la Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia) incentivare il parto in casa è sbagliato, in quanto non rispetta i requisiti di sicurezza. Il paragone viene fatto con i Paesi del Nord Europa, dove fuori dalla casa delle partorienti si trova un centro mobile di assistenza e in ospedale viene riservato un posto. La Sigo boccia inoltre lo studio inglese, sostenendo che la bassa percentuale di rischio indicata si applica solo alle donne con meno di 30 anni, già madri, senza malattie e con una gravidanza perfetta.
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Foto: Pixabay