I neonati italiani piangono più dei tedeschi, danesi e giapponesi

A cura di: Redazione
Una meta-analisi dell’Università di Warwick, pubblicata sul Journal of Pediatrics, ha stabilito che i neonati italiani piangono più dei tedeschi, danesi e giapponesi.
Dieter Wolke e i suoi colleghi hanno studiato il primo mese di vita dei bambini di varie nazionalità per cercare di dare forma ad una “mappa del pianto”.
Wolke ha spiegato che i neonati sono molto diversi tra di loro nel modo di esprimere la loro disperazione, ma si possono ottenere informazioni osservando il contesto di quelli che piangono meno per capire quali fattori intervengono.
Il pianto che dura almeno tre ore al giorno e ripetuto per tre giorni a settimana e per tre settimane di fila (regola del tre) viene definito dagli studiosi con la parola “colic” (colica). Questo termine in inglese può indicare sia i disturbi gastrointestinali, sia il pianto inconsolabile di cui non si conosce la motivazione. Questa condizione è più frequente nelle prime sei settimane di vita e, generalmente, tende a ridursi intorno alla nona settimana di vita, per scomparire del tutto intorno alla dodicesima settimana di vita.
Per quanto riguarda i Paesi in cima alla lista, Canada e Olanda sono in testa per la durata del pianto tra la terza e sesta settimana di vita (150 minuti al giorno), Danimarca, Giappone e Germania, invece, risultano i migliori della classifica (tra 70 e 107 minuti al giorno nelle prime sei settimane).
Italia, Canada e Inghilterra sono i peggiori per frequenza di “colic”, con una percentuale di 20,9%, 34,1% e 28%.
Secondo i ricercatori, nelle prime sei settimane di vita i neonati piangono mediamente due ore al giorno. La quantità del pianto aumenta nelle settimane successive, fino alla sesta settimana, in cui inizia una graduale diminuzione del pianto fino a 68 minuti intorno alla decima o dodicesima settimna.
Si tratta di valori soggettivi in quanto ricavati dalle risposte di alcune mamme che hanno risposto ad un questionario.
“Nelle prime settimane di vita è un modo per comunicare, anche la fame o il sonno, non necessariamente una condizione di disagio o sofferenza. Inoltre la definizione di “pianto inconsolabile” è soggettiva, quello che vede un genitore può essere diverso da quello che vede un medico. Può esserci un aspetto psicologico-culturale: il fatto che i neonati italiani piangano di più (secondo lo studio inglese) può derivare dal fatto che siamo genitori più “attenti” ai loro bisogni, a volte magari anche troppo” ha spiegato Andrea Dotta, responsabile del reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
I genitori devono imparare a riconoscere e comprendere le lacrime dei neonati, tenendo presente alcune regole. Il pianto associato alle coliche è improvviso e viene associato ad una flessione delle gambe o un inarcamento della schiena. Avviene solitamente nel tardo pomeriggio, mentre quello da reflusso dopo ogni pasto. Il pianto legato a bisogni essenziali, invece, è diverso, infatti il bambino inizia a singhiozzare appena ha sonno o fame, non quando è esasperato.
“L’Italia purtroppo non brilla per numero di neonati allattati al seno. L’attaccamento al seno è un elemento positivo per diversi motivi: riduce le coliche gassose, rafforza il contatto con la madre. La richiesta del seno da parte del neonato è anche indipendente dalla fame e questo può essere un motivo di pianto, anche intenso: quello che chiede il bebè a volte non è di mangiare, ma di stare attaccato alla mamma” ha spiegato Dotta, sottolineando l’importanza dell’alimentazione.
Il pianto, invece, che deve far preoccupare i genitori è quello legato ad uno scarso accrescimento del neonato. Esiste, inoltre, un pianto acuto e ininterrotto, in cui si nota anche un cambiamento del colore di pelle del bambino, che potrebbe indicare la presenza di un’infezione, anche in assenza di febbre. Il bambino potrebbe, inoltre, presentare problemi di termoregolazione. In tutti questi casi è importante rivolgersi ad un medico, come consiglia Andrea Dotta.
I consigli a tutti i genitori sono: “Primo, non andate nel panico perché lo stato d’animo del genitore influenza fortemente quello del bambino. Prendetelo in braccio, fategli dei massaggi alla schiena, ai piedi, alla pancia. Se possibile, è di grande aiuto seguire un corso di massaggi neonatali. Attaccatelo al seno: l’allattamento e il contatto fisico con la mamma liberano le endorfine positive, che fanno sentire meno il dolore. Infine, entrate in sintonia con i ritmi del bambino, non angosciatevi se nelle prime settimane si sveglia spesso di notte chiedendo il seno: è un istinto che fa aumentare la produzione di latte e che poi passerà naturalmente”.
Fonte:
corriere.it
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