Come capire il pianto dei neonati
A cura di: Abcsalute.it
Dopo nove mesi di attesa e una nascita con i fiocchi grazie alla preparazione data da un corso preparto, ci si ritrova tra le braccia un fagottino irresistibile. È un miracolo, un sogno che si avvera! Ma, e c’è un ma, questo miracolo è anche tanto strepitante: i bebè piangono notte e giorno, e i neo genitori devono imparare in fretta a interpretare gli adorabili strilli.
Come capire il pianto dei neonati? Non è semplice, ma bisogna partire dal presupposto che il pianto è l’unico canale di comunicazione che il neonato ha nei primissimi mesi di vita, e che non sempre indica qualcosa di preoccupante.
I motivi più frequenti del pianto del bebè sono la fame, il bisogno di coccole, il sonno.
Fame. In genere, la poppata si consuma con un intervallo di 1 ora: se il neonato piange a distanza di oltre 1 ora dall’ultima volta che ha mangiato, molto probabilmente avrà fame; se è passata solo mezz’ora o comunque meno di 1 ora, potete provare ad allattare il bambino, ma quasi certamente il suo pianto indica altro, per esempio il bisogno di essere preso in braccio.
Coccole. Fino a 3 mesi circa, il neonato pensa di essere tutt’uno con la sua mamma, e come dargli torto: ha vissuto in simbiosi con il corpo materno per 9 mesi, e non è scontato né facile capire che la mamma è una persona diversa da sé. Il neonato spesso piange perché ha bisogno di coccole, e le coccole servono a tranquillizzarlo, a sentire il contatto con la mamma che, tenendolo tra le sue braccia, conferma la sua presenza.
Sonno. Si pensa che i bebè dormano beati e invece, come gli adulti, possono avere alcune difficoltà di addormentamento o un sonno tormentato. Quando sono svegli, i neonati assorbono tutto ciò che gravita attorno a loro, la serenità e la gioia, ma anche le tensioni e i conflitti familiari, in particolare tra i genitori. Questi sono elementi che turbano il delicatissimo equilibrio del bambino, e l’agitazione degli adulti provoca un forte disagio nel neonato che, attraverso il pianto, comunica la sua insofferenza e la difficoltà di riposare come dovrebbe.
Oltre a questi motivi più ricorrenti, il neonato piange anche perché ha il pannolino sporco, ha sete, è stanco, è malato. In ogni caso, il consiglio è di seguire il proprio istinto di genitori e rispondere, sempre, al pianto del neonato perché è una richiesta che non può comunicare in nessun altro modo, almeno fino ai 6 mesi di vita.
Curiosità: l’autostima dei futuri bambini si forma già nei primi mesi. Come? Lasciate al neonato il tempo e il modo di esprimere con il pianto i suoi bisogni, senza anticiparli e placare gli strilli prima ancora che inizino. Pian piano, imparerà a esprimersi per farsi capire meglio, e si accorgerà che la sua esigenza è ascoltata dai genitori che, infatti, accorrono al suo pianto.
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