Bed Sharing: la controversa questione del lettone di mamma e papà

A cura di: Redazione
Il bed sharing, cioè il fatto che di condividere il letto di mamma e papà, ha aperto una questione molto controversa in quanto si è pensato che potesse avere un collegamento con il terribile fenomeno della SIDS, cioè la morte in culla.
I medici dell’American Academy of Pediatrics, in una serie di indicazioni riprese dal National Institute of Child Health and Human Development, consigliano vivamente il room sharing, cioè la condivisione della stessa stanza, ma sconsigliano il bed sharing.
Dormire insieme al proprio bambino, però, facilita e favorisce l’allattamento al seno, indispensabile fattore protettivo nei confronti della SIDS, per questo la decisione da prendere non è facile come sembra.
Uno studio inglese pubblicato su Acta Pediatrica ha valutato l’atteggiamento di 870 neomamme rispetto alla condivisione del lettone con il neonato e allattamento al seno, scoprendo che il 28% di loro praticava molto spesso il sonno condiviso.
Queste sono state le mamme che hanno allattato più a lungo sia in modo esclusivo che in allattamento misto.
Risultati simili arrivano da uno studio americano pubblicato su Academic Pediatrics, in cui il campione esaminato era di 3218 donne che hanno partorito tra il 2011 e il 2014. Il risultato ha svelato che una su cinque praticava il bed sharing e tendeva ad allattare per maggior tempo.
“Stare vicini, pelle a pelle, fa parte delle cosiddette cure prossimali, che aiutano la relazione tra mamma e bambino, aumentano la mutua dipendenza e di fatto rafforzano l’allattamento” ha dichiarato la pediatra Maria Luisa Tortorella, responsabile delle cure neonatali presso l’Ospedale San Vito al Tagliamento (PN) e membro dell’Associazione Culturale Pediatri.
Hanno valore anche gli stimoli ormonali, per esempio il contatto fisico stimola la produzione di ossitocina, ormone che favorisce il rilascio del latte da parte della mammella.
Dopo aver compreso i due punti di vista è importante sapere quali indicazioni dare ai genitori e sulla base di quali teorie scientifiche. A questo punto la situazione si complica in quanto lo stesso presidente della National SIDS Foundation, Abraham Bergman ha dichiarato che non vi sono sufficienti caratteristiche per stabilire un legame tra il bed sharing e la SIDS.
La pediatra Tortorella aggiunge che il legame tra condividere il letto con il neonato e SIDS può subentrare solo se esistono altri fattori che possono favorire la morte in culla spiegando che “si tratta di una serie di fattori ben precisi e cioè: prematurità o basso peso alla nascita del bambino, obesità della madre, consumo di alcol in gravidanza, fumo in gravidanza, genitori che fumano o fanno uso di alcol, di droghe o di farmaci che riducono la vigilanza oppure genitori che fanno turni, sono molto stanchi e di conseguenza poco vigili. In tutti i questi casi il bed sharing è fortemente sconsigliato, come lo è condividere superfici che non siano il letto tradizionale ma, per esempio, il divano, la poltrona, il materasso ad acqua, perché in queste circostanze il rischio di SIDS aumenta”.
La Baby Friendly Iniziative di Unicef UK, nel suo opuscolo Caring for your baby at night offre delle indicazioni per chi vuole dormire con il bambino, come avere un materasso rigido, evitare cuscini e piumoni, prestare attenzione a coperte e lenzuola, per favorire una soluzione ottimale che, ovviamente, vive in assenza dei fattori di rischio di cui abbiamo parlato precedentemente.
Riguardo l’argomento del bed sharing, ultimamente, i pediatri si stanno maggiormente aprendo, mettendo da parte rigidità e contrasti.
“Dire a una mamma che non può mai dormire con il proprio bambino, per esempio, può significare esporla al rischio di addormentarsi con lui sul divano, il che è molto più pericoloso. Oggi la strategia più opportuna è probabilmente quella del dialogo: bisogna parlare a lungo con le famiglie, capire quali sono le condizioni in cui dormono, le loro motivazioni rispetto all’allattamento, le loro convinzioni, e spiegare molto bene come stanno le cose: quali sono i fattori di rischio per il sonno condiviso e quali sono gli elementi di sicurezza da adottare. In modo che si possa trovare insieme la soluzione migliore per ogni famiglia” ha, infine, spiegato la dottoressa Tortorella.
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Fonte: oggiscienza.it
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